IL LAVORO DURO DELL’INNOVAZIONE IN AZIENDA
Parliamo spesso di innovazione e del bisogno di innovare nel nostro paese: innovazione politica, sociale, economia, organizzativa. Si guarda ai casi di successo che sembrano essere una alchimia della sorte più che il frutto di un pensiero razionale e di una organizzazione finalizzata.
La Silicon Valley è il luogo simbolico dove molti collocano la creatività innovativa applicata, dove si crea in modo costante e si innova. In parte è vero ma ci chiediamo anche come sia possibile imparare e trovare una strada che permetta, con i vincoli ma anche le opportunità del nostro paese, di innovare.
MA L’INNNOVAZIONE COS’E’?
L’innovazione è il risultato di molte azioni, dell’impiego accorto e ben miscelato di creatività e razionalità, emotività e finalizzazione, agilità mentale e capacità tecnica. In fondo l’innovazione in tutti i campi in cui si realizza ha solide basi organizzative ed è il frutto di un lavoro duro dell’innovatore o degli innovatori. Risultato di intelligenti mediazioni politiche nell’organizzazione.
Lo studio di casi concreti (Linda A. Hill, Emily Truelove, Kent Leneback) permette di individuare alcune caratteristiche dell’innovazione, soprattutto permette di comprendere il ruolo dell’Innovation Leader nel processo innovativo e le azioni messe in campo per creare e realizzare una organizzazione innovativa, in grado di cogliere le sfide dell’oggi, ma soprattutto essere attrezzata metodologicamente, per affrontare quelle di domani. Se confrontiamo gli studi con l’esperienza quotidiana emergono non pochi elementi utili a chi desidera innovare la propria organizzazione.
L’INNOVATION LEADER
La prima domanda che ci si deve porre quando si parla di innovazione nelle organizzazioni complesse è: ma esiste un link tra la forma della leadership e l’innovazione? Cosa significa avere a capo di una organizzazione un Innovation leader?
L’Innovation leader non è solo coluio/colei che ha un’idea innovativa, l’Innovation Leader è colui o colei che sa creare una comunità che ha la volontà e le capacità per innovare e gli studi dimostrano che esiste uno stretto legame tra le forme della leadership e l’innovazione. L’Innovation leader è fondamentale nel volere l’innovazione ma anche nel creare le condizioni che la rendono possibile.
Quando si deve innovare nessuno sa cosa avverrà durante lo svolgimento del processo di innovazione ma il leader conosce, anche se spesso non lo formalizza, cosa significa per lui o per lei l’innovazione che persegue, ha dei contorni sfumati ma il senso è chiaro.
Il primo passaggio necessario è quindi trasferire (vendere) questa sua idea a coloro che ha individuato come gli innovatori, affinchè questi possano ispirare gli esecutori. Sembra un passaggio relativamente semplice invece è il più difficile perché nel frattempo l’innovation leader deve dare altre risposte non tanto incentrate sul “cosa devo fare perché l’innovazione accada?” ma “quali condizioni organizzative devo creare affinchè possa accadere?”, quindi il suo compito non è trasferire la vision e far sì che gli altri siano motivati a seguirla ma creare una comunità che voglia e si senta capace di innovare.
Ed è su queste domande che si scontra la retorica dell’innovazione: da un lato l’idea che l’innovazione sia o possa essere creatività destrutturata mentre, dall’altro lato, in realtà l’innovazione è il risultato di un lavoro duro, spesso conflittuale in cui le emozioni e la razionalità non sempre vanno nella stessa direzione.
GLI INGREDIENTI PER UNA LEADERSHIP INNOVATIVA
L’innovazione si concretizza quando persone con professionalità diverse si contaminano. Il “luogo dell’Innovazione” deve quindi essere un luogo trasversale alle diverse funzioni aziendali, in grado di cogliere le esperienze, i saperi diversi e renderli “intelligenza collettiva”.
Lo stress che l’innovazione può provocare deve essere gestito e l’innovation leader deve essere in grado di gestire le tensioni creando un ambiente supportivo che permetta alle persone di condividere e sbagliare senza essere giudicate. Deve inoltre gestire chi non tiene il passo con l’innovazione. Chi non ha sentito dire “troppa carne al fuoco” quando si mettono in campo innovazioni radicali radicali? Questa frase altro non è che un segnale chiaro di resistenza all’innovazione, di pensieri poco flessibili e lenti.
L’innovazione deve essere implementata velocemente, in caso contrario prevalgono le resistenze. Il pensiero innovativo deve andare di pari passo con l’implementazione dell’innovazione. Le organizzazioni tendono a rallentare i processi innovativi per metabolizzarli e stravolgerli, per renderli compatibili con il passato e in questo modo soffocano l’innovazione.
L’innovazione ha bisogno di idee “plurali” e quindi di persone che non si innamorino della propria ma siano sufficientemente generativi da “regalarla” al gruppo per andare oltre e costruirne una nuova insieme.
Gli innovatori hanno l’arduo compito e la responsabilità di creare le condizioni per implementare l’innovazione nell’organizzazione, sia essa una innovazione di prodotto, di processo o di organizzazione in senso lato. L’innovation leader deve dare sufficienti informazioni sull’idea che ha in testa ma piuttosto generiche per permettere a tutti di dare il proprio contributo.
Anche l’innovazione “partecipativa” ha bisogno in alcuni momenti della direttività dell’Innovation Leader perché spesso le dinamiche dei gruppi o i processi decisionali si trovano di fronte a scogli che non permettono di andare oltre senza la presa di decisione dell’innovation leader che, non a caso, deve avere un ruolo riconosciuto formalmente di giuda di tutto il processo.
QUALI ATTITUDINI PER INNOVARE?
La volontà è la prima delle attitudini che gli innovatori devono coltivare. Volere fortemente l’innovazione è il pre-requisito per intraprendere il percorso e realizzarla. In questo suo agire il gruppo degli innovatori, non può e non deve essere auto-referenziale, deve avere chiare le ragioni che determinano l’esigenza di innovare (esterne o interne all’organizzazione) e deve essere in grado di trasferire queste esigenze ai propri collaboratori.
Flessibilità mentale: l’innovazione non può esser ingabbiata anche se nella fase di implementazione può essere sostenuta dai processi organizzativi. I processi non devono però diventare l’alibi per rallentare o fermare o rimandare l’innovazione. Le persone rigide non devono essere coinvolte nei processi di innovazione, possono essere ampiamente utili nell’esecuzione. Sicuramente questa modalità di procedere può causare tensioni e conflitti, ma devono essere gestiti. Lo spazio dell’innovazione è degli innovatori, coloro che invece hanno delle resistenze devo essere aiutati a non maturare aspettative di partecipare al percorso dell’innovazione ma a quello della sua esecuzione. Non si è innovatori per ruolo ma per passione.
Hard worker: l’innovatore è un lavoratore instancabile che sa dedicarsi con meticolosità e determinazione al percorso dell’innovazione. E’ in grado di automotivarsi, di gestire i conflitti con gli altri innovatori, perché riconosce in loro il valore e il contributo che possono portare all’elaborazione dell’idea e del processo innovativo.
Tutto questo significa per le organizzazioni, creare leader che siano in grado di produrre intelligenza collettiva per gestire nel tempo il processo di innovazione continua. Non è un lavoro facile ma con Obama possiamo dire che “i tempi sono molto duri…. Ma dobbiamo innanzitutto essere onesti con noi stessi, perché ci sono tempi in cui basta ridipingere la casa e tempi in cui occorre ricostruire le fondamenta”. Questi secondi sono i nostri tempi e ricostruire le fondamenta significa innovare, innovare e ancora innovare utilizzando tutte le intelligenze e la creatività di cui l’organizzazione dispone.
Daniela Bandera – CEO Nomesis
Hai un commento da fare?